Una fanciulla condannata alla monacazione da un destino familiare sfortunato. Non ancora compiuti i voti, durante l’epidemia di colera che colpisce Catania alla fine del 1800, la giovane Maria torna temporaneamente in campagna, dalla sua famiglia: pochi mesi per scoprire cosa ci sia oltre i muri claustrali del convento, per affondare completamente nella natura con tutte le sue forme di vita, per animarsi del calore umano di affetti familiari, per prendere coscienza dell’impeto vitale di tutte le cose del mondo e della bellezza di goderne in piena libertà, come padroni assoluti del proprio tempo e del suo prezioso impiego. Pochi mesi per conoscere dolorosamente l’amore per un uomo, esplosione assoluta di impulsi sconosciuti e ingestibili per una piccola anima fragile e digiuna di esperienze, lacerata e annientata dalla potenza di quanto si configura come un desiderio sbagliato e proibito, un cancro, una orribile malattia che la porterà alla morte, una volta rientrata in convento. Mentre il colera cessa di infierire su Catania, il morbo invincibile dell’amore-vita trascina la piccola capinera in una caduta libera verso la pazzia. Come una tragica Cenerentola, Maria sconta i soprusi di una matrigna gelida e indifferente, le debolezze di un padre troppo devoto alla moglie, le angherie di un destino che non perdona la libertà, piuttosto la condanna.
Nel metafisico spazio vuoto della scena, fuori dal tempo e da ogni connotazione realistica, vestita di fogli di lettere, come fossero ali di carta, Maria accoglie gli spettatori nella gabbia della sua mente. È qui che la troviamo a cullare la sua inseparabile gabbietta, in cui custodisce gelosamente la corrispondenza epistolare che andrà a “sfogliare” durante il monologo. Il racconto si snoda come un loop ininterrotto dentro il quale l’anima della Capinera è rimasta intrappolata: una eterna testimonianza di dolore e follia.
Decontestualizzata dalla tematica religiosa e dalla collocazione spazio-temporale verghiane, Maria paga con la vita il prezzo della dolorosa scoperta del senso critico, inteso come sguardo personale sulla realtà. Quella realtà che “le si schiude improvvisamente dinanzi” non appena, temporaneamente sciolta dalla clausura del convento, comprende la prodigiosa possibilità di essere libera, mettendo in discussione le convinzioni imposte dalla morale comune e da chi ha deciso il suo destino sostituendosi a lei. Come un piccolo Edipo al femminile, Maria si mette in viaggio, seppur inconsapevolmente, alla ricerca della propria verità, scontrandosi con l’inevitabile dualità dei sentimenti umani e con la difficoltà di appropriarsi di una giovinezza fino a quel momento castrata e mortificata.
In un’epoca come la nostra, ancora tragicamente lacerata da storie di oppressione, violenza e negazione dei diritti umani fondamentali, la storia della Capinera fa da eco ad altre storie, vite reali che si consumano talvolta non viste, altre declamate dalla cronaca, altre sommerse o dimenticate nel tempo. Dalle gabbie del quotidiano a quelle sociali e politiche: tutte le forme di sopraffazione che negano la libertà individuale, siano esse esplicitamente violente o anche subdole e indirette, si somigliano alla radice e somigliano alla storia tramandata da Verga. Una triangolazione tra vittime, carnefici e complici, in un intricato conflitto di debolezze ed interessi che quasi sempre conducono a un esito tragico. La Capinera perde il senno e si lascia morire. Dai suicidi in carcere ai femminicidi, dalla questione delle donne iraniane a tutte le più disumane forme di repressione dentro e fuori dai nostri confini geografici più prossimi: le gabbie contemporanee hanno innumerevoli forme così come innumerevoli diventano giorno dopo giorno le vite che spezzano. La storia di Maria può essere un monito e un auspicio, che la nostra vigilanza rimanga alta e che il senso di giustizia e il coraggio necessario a garantirla, per noi e per gli altri, non finiscano anch’essi ingabbiati, senza chiave e senza futuro.
Cast
liberamente ispirato al capolavoro di Giovanni Verga
di e con Rosy Bonfiglio
musica di Angelo Vitaliano
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