sab 09 novembre ore 20 e dom 10 novembre ore 16

Quello di Antonia Pozzi è uno dei casi letterari più rilevanti degli ultimi decenni. La giovane poetessa milanese, nata a Milano il 13 febbraio 1912 e morta suicida a 26 anni senza aver mai pubblicato una sola poesia, è oggi ormai unanimemente riconosciuta una delle voci più alte della poesia lombarda ed italiana del ‘900. Ma la sua opera è solo recentemente uscita da un cono d’ombra grazie all’attenzione nel dopoguerra di Montale, Barile, Parronchi, poi con la progressiva pubblicazione degli inediti. 

A tutt’oggi, anche se molte sono state le pubblicazioni, non può ancora dirsi con certezza che tutto ciò che abbia scritto Antonia Pozzi sia stato pubblicato. Di Antonia Pozzi, nonostante la brevissima vita, si conoscono più di trecento composizioni e duemilaottocento immagini fotografiche, ormai oggetto di interesse nella loro autonomia. 

Figlia unica di una famiglia dell’alta borghesia milanese discendente da Tommaso Grossi, era colta, sportiva, viaggiatrice, ma il suo breve tragitto esistenziale muoveva oltre l’emancipazione e l’agio, verso l’accettazione dell’esser poeta. Ciò per lei significava la ricerca di una vera libertà che le consentisse di esprimere il suo autentico sentire di donna e il grande amore per il mondo, che la portarono ad approdare alla scoperta di un’attenzione solidale verso le nascenti periferie milanesi. Nella sua esperienza umana convissero l’immenso amore per la natura e la montagna e il difficile rapporto col mondo maschile ed intellettuale della propria epoca. 

Venne profondamente segnata dalle tormentate vicende affettive con Antonio Maria Cervi, il suo professore di greco al Liceo Manzoni, con Remo Cantoni e Dino Formaggio e dalle profonde amicizie con Vittorio Sereni e i Treves.
Nell’ambito della vita culturale milanese degli anni trenta era inserita nell’ambiente dell’Università Statale che faceva riferimento al professor Antonio Banfi, uno dei più innovatori filosofi dell’epoca; e in quel contesto espresse, purtroppo non capita né valorizzata, un proprio originale pensiero. 

La sua poesia “vissuta tutta dal di dentro” è testimonianza di una identità femminile straordinariamente attuale. La sua vita “irrimediabile” per la tragedia esistenziale e “imperdonabile” in quanto eccentrica rispetto al proprio tempo, senza legami con saperi costituiti o ideologie, ha fatto sì che il novecento a lungo l’abbia destinata al catalogo delle rimozioni. 

 

Cast

di e con Elisabetta Vergani
musiche originali eseguite dal vivo da Filippo Fanò
regia di Maurizio Schmidt

 

Durata spettacolo: 70 minuti senza intervallo

Calendario spettacoli

20:00:00
16:00:00

Regolamento accesso sala:  per ragioni artistiche non è consentito l’accesso in platea a spettacolo iniziato.